Nella difficile congiuntura attuale, che suscita innumerevoli dubbi circa la validità di un modello di sviluppo ingombrante, rigido, standardizzato e per molti versi obsoleto, torna alla ribalta, anche in Italia, l’alternativa virtuosa dell’atelier artigiano, capace di coniugare con agilità e duttilità arti & mestieri, interpretando creativamente le mutevoli esigenze di un mercato a geometria variabile, sfornando manufatti contrassegnati da un basso impatto ambientale e da un alto valore ‘sartoriale’, in grado di sintonizzarsi con una domanda crescente d’autenticità e originalità. Non siamo noi a dirlo, ma autorevoli osservatori delle tendenze in atto nella sfera del design e della sua evoluzione in chiave postindustriale, da François Burkhardt ad Andrea Branzi, che hanno messo in luce per primi le prerogative storiche del sistema italiano, la cui cultura del progetto si è sapientemente innestata in un tessuto di piccole e medie imprese a vocazione artigianale con una viva propensione all’innovazione, fino a Li Edelkoort, trendsetter olandese, che, con la sua idea di ‘farm of the future’, preconizza l’avvento di un’era dello sviluppo sostenibile in cui l’artigianato evoluto, sintesi dell’incontro fra design e manualità, svolgerà un ruolo sempre più strategico. Certo, è facile confondere ambizioni e utopie, sogni e realtà. È vero, tuttavia, che il liquefarsi delle certezze seriali e il contrarsi dei grandi numeri sembrano favorire le produzioni a tiratura limitata, le piccole serie, la raffinatezza di un’invenzione sganciata dall’immediata urgenza di vendere in quantità, la ricerca, la sperimentazione e gli azzardi di una creatività che si misura direttamente con la concretezza e gli imprevisti di un fare non meccanico né omologato, spesso con pratiche artigianali antiche ma non per questo refrattarie a dare forma al nuovo. Artigianato evoluto, dunque. Un fenomeno che può essere indagato da molti punti di vista e che si presenta alquanto sfaccettato, includendo chi lavora materiali tradizionali con tecniche inedite e viceversa, chi si autoproduce o realizza progetti altrui, chi pone l’accento sull’arte e chi sul mestiere, senza trascurare chi non si ritiene affatto un artigiano.
THE SIGN /it.makes sense. Artigianato e Design Made in Lombardia
Gallico D
2009-01-01
Abstract
Nella difficile congiuntura attuale, che suscita innumerevoli dubbi circa la validità di un modello di sviluppo ingombrante, rigido, standardizzato e per molti versi obsoleto, torna alla ribalta, anche in Italia, l’alternativa virtuosa dell’atelier artigiano, capace di coniugare con agilità e duttilità arti & mestieri, interpretando creativamente le mutevoli esigenze di un mercato a geometria variabile, sfornando manufatti contrassegnati da un basso impatto ambientale e da un alto valore ‘sartoriale’, in grado di sintonizzarsi con una domanda crescente d’autenticità e originalità. Non siamo noi a dirlo, ma autorevoli osservatori delle tendenze in atto nella sfera del design e della sua evoluzione in chiave postindustriale, da François Burkhardt ad Andrea Branzi, che hanno messo in luce per primi le prerogative storiche del sistema italiano, la cui cultura del progetto si è sapientemente innestata in un tessuto di piccole e medie imprese a vocazione artigianale con una viva propensione all’innovazione, fino a Li Edelkoort, trendsetter olandese, che, con la sua idea di ‘farm of the future’, preconizza l’avvento di un’era dello sviluppo sostenibile in cui l’artigianato evoluto, sintesi dell’incontro fra design e manualità, svolgerà un ruolo sempre più strategico. Certo, è facile confondere ambizioni e utopie, sogni e realtà. È vero, tuttavia, che il liquefarsi delle certezze seriali e il contrarsi dei grandi numeri sembrano favorire le produzioni a tiratura limitata, le piccole serie, la raffinatezza di un’invenzione sganciata dall’immediata urgenza di vendere in quantità, la ricerca, la sperimentazione e gli azzardi di una creatività che si misura direttamente con la concretezza e gli imprevisti di un fare non meccanico né omologato, spesso con pratiche artigianali antiche ma non per questo refrattarie a dare forma al nuovo. Artigianato evoluto, dunque. Un fenomeno che può essere indagato da molti punti di vista e che si presenta alquanto sfaccettato, includendo chi lavora materiali tradizionali con tecniche inedite e viceversa, chi si autoproduce o realizza progetti altrui, chi pone l’accento sull’arte e chi sul mestiere, senza trascurare chi non si ritiene affatto un artigiano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.