Oggi una convinzione largamente diffusa è che una conservazione ottimale delle rovine non può essere raggiunta in assenza di una struttura di protezione. Si tratta di concepire una struttura architettonica avente come fine primario la protezione e conservazione delle vestigia archeologiche, ma contemporaneamente l’integrazione visuale e formale nel contesto in cui essa si fonda. Il “nuovo”, utile ad interpretare il passato, anche in siti di minore interesse, o oggettivamente meno spettacolari, può corrispondere ad un Visitor’s Centre, o un museo in situ. Molti gli esempi in tal senso, nei quali si è deciso di installare, all’interno dello stesso perimetro archeologico, una nuova struttura architettonica ad uso “protettivo-interpretativo”, capace di dissipare qualsiasi dubbio in merito alla difficile identificazione delle rovine, sia dal punto di vista tipologico, sia della loro datazione, in assoluta concordanza con le moderne teorie di presentazione. Il progressivo avanzamento delle tecniche conservative, che hanno garantito una più conveniente “presentazione” in situ dei resti archeologici, evitando in tal modo la loro dislocazione, ha condotto verso la produzione delle cosiddette “scatole protettive”, soprattutto in quei contesti archeologici extra-urbani, concepite come volumi e coperture in grado di rievocare l’aspetto delle antiche strutture, oppure riconfigurarne fisicamente il volume originario. Vedremo alcune delle anzidette “scatole” presenti nel panorama archeologico internazionale, che mostrano soluzioni d’intervento assai emblematiche, diverse tra loro, ma comunque lecite e tutte praticabili.

La “scatola” sul passato: architetture per conservare e interpretare l’archeologia

ACCARDI A
2011-01-01

Abstract

Oggi una convinzione largamente diffusa è che una conservazione ottimale delle rovine non può essere raggiunta in assenza di una struttura di protezione. Si tratta di concepire una struttura architettonica avente come fine primario la protezione e conservazione delle vestigia archeologiche, ma contemporaneamente l’integrazione visuale e formale nel contesto in cui essa si fonda. Il “nuovo”, utile ad interpretare il passato, anche in siti di minore interesse, o oggettivamente meno spettacolari, può corrispondere ad un Visitor’s Centre, o un museo in situ. Molti gli esempi in tal senso, nei quali si è deciso di installare, all’interno dello stesso perimetro archeologico, una nuova struttura architettonica ad uso “protettivo-interpretativo”, capace di dissipare qualsiasi dubbio in merito alla difficile identificazione delle rovine, sia dal punto di vista tipologico, sia della loro datazione, in assoluta concordanza con le moderne teorie di presentazione. Il progressivo avanzamento delle tecniche conservative, che hanno garantito una più conveniente “presentazione” in situ dei resti archeologici, evitando in tal modo la loro dislocazione, ha condotto verso la produzione delle cosiddette “scatole protettive”, soprattutto in quei contesti archeologici extra-urbani, concepite come volumi e coperture in grado di rievocare l’aspetto delle antiche strutture, oppure riconfigurarne fisicamente il volume originario. Vedremo alcune delle anzidette “scatole” presenti nel panorama archeologico internazionale, che mostrano soluzioni d’intervento assai emblematiche, diverse tra loro, ma comunque lecite e tutte praticabili.
2011
978-88-404-4190-0
Musealizzazione archeologica; Musei sulle Rovine; Presentazione/conservazione
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